Settembre 2024

LA RETTA PER I MALATI DI ALZHEIMER RICOVERATI PRESSO RESIDENZE SANITARIE ASSISTENZIALI (RSA) E’ UN ONERE A CARICO DEL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE

Con una recente ordinanza dello scorso luglio la Corte di Cassazione ha chiarito, in relazione ad una vicenda che ha visto coinvolta una RSA trentina, che non è dovuta dall’ospite della struttura, affetto da Alzheimer, né dai suoi parenti, la cd. retta-alberghiera, poiché la stessa deve essere posta a carico del Servizio Sanitario Nazionale (SSN).

Categoria: Novità Giurisprudenziale
Autore:   Avv. Ettore Bertò
Responsabile dipartimento:  Avv. Ettore Bertò

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La questione di cui, da una decina d’anni, si dibatte fra le parti in vari contenziosi, malgrado i costanti pronunciamenti giudiziali a favore dell’utenza, è la seguente: quando una persona affetta da Alzheimer viene ricoverata presso una RSA comunale o, comunque convenzionata con Sistema Sanitario, questi enti possono richiedere il pagamento della retta (in toto o pro quota) al malato o ai suoi congiunti?

Nella prassi, al pagamento della retta si applica questo criterio di ripartizione: esistono una componente sanitaria e una assistenziale /alberghiera. Le prestazioni di tipo sanitario fornite nelle Rsa - pubbliche o private convenzionate - sono sempre gratuite per tutti gli ospiti, in quanto rimborsate alla struttura dal Servizio sanitario nazionale.  Di regola, invece, la quota «alberghiera» (vitto, alloggio e altri servizi, per esempio di lavanderia), pari generalmente al 50% della retta, è a carico dei pazienti (o delle famiglie).

Ci sono però dei casi nei quali, tenuto conto delle condizioni di salute dell’ospite, la suddetta regola non può trovare applicazione ed il ricovero risulta integralmente gratuito.

Secondo la recente pronuncia della Cassazione (che conferma un orientamento consolidato) l’automatismo di cui sopra (retta alberghiera a carico dell’ospite o dei suoi parenti) è contrario alla legge in caso di malattie gravi (come appunto l‘Alzheimer), poiché, in tali ipotesi, anche la componente alberghiero-assistenziale, che, come detto, nella prassi viene posta a carico del paziente e dei suoi famigliari, deve gravare sullo Stato.

La vicenda qui commentata, può così sinteticamente riassumersi.

Un’anziana è stata ricoverata presso una RSA di Trento dal 2004 sino al 2015, provvedendo al pagamento, per tutto il periodo di ricovero, della cosiddetta retta alberghiera richiesta dalla struttura.

Dopo il decesso dell’ospite il suo erede ha citato in giudizio la casa di riposo sostenendo che nulla era dovuto perché le suddette spese, stante le condizioni di salute della paziente (affetta da morbo di Alzheimer ed altre patologie) dovevano essere poste integralmente a carico del SSN e richiedendo la restituzione di tutti gli importi versati negli undici anni di degenza.

In primo grado il Tribunale di Trento respingeva la domanda, ritenendo quelle erogate non prestazioni sanitarie, bensì, al più, prestazioni sociali a rilevanza sanitaria, per le quali è dovuto il concorso del privato nelle spese di retta alberghiera.

La Corte d’Appello di Trento rigettava l’impugnazione proposta dall’erede sul presupposto che la degente aveva patologie che richiedevano assistenza e accudimento e non un trattamento di tipo sanitario prevalente rispetto a quello di carattere assistenziale che aveva giustificato il ricovero.

Contro la sentenza della Corte d’appello veniva proposta impugnazione in Cassazione.

La Suprema Corte, con l'ordinanza qui commentata,  ha accolto il ricorso fissando il principio secondo il quale: “Le prestazioni socioassistenziali svolte nei confronti di un soggetto affetto da morbo di Alzheimer, ricoverato in istituto di cura, sono a carico del S.S.N., se, sulla base di un piano terapeutico personalizzato, che tenga conto della patologia in atto, del suo stadio al momento del ricovero e della sua prevedibile evoluzione futura, esse siano necessarie per assicurare all'interessato la doverosa tutela del diritto alla salute, in uno con la tutela della sua dignità personale, essendo in tal caso inscindibili da quelle sanitarie, non potendo queste ultime essere eseguite se non congiuntamente alle prime, senza che assuma rilievo la prevalenza delle une o delle altre”.

Secondo la Suprema Corte, nel caso in cui le prestazioni di natura sanitaria non possano essere eseguite "se non congiuntamente" alla attività di natura socioassistenziale, cosicché non sia possibile discernere il rispettivo onere economico, prevale, in ogni caso, la natura sanitaria del servizio, in quanto le altre prestazioni -di natura diversa- devono ritenersi avvinte alle prime da un nesso di strumentalità necessaria, essendo dirette alla "complessiva prestazione" che deve essere erogata a titolo gratuito.

Per la Cassazione,  il criterio giuridico per stabilire se le prestazioni erogate dalla struttura siano  o meno scindibili in una componente alberghiero-assistenziale, a carico del paziente ricoverato o dei suoi familiari, ed in una componente sanitaria, comunque gratuita perché a carico del SSN,  non è, come stabilito dalla Corte d’Appello di Trento,  quello della "prevalenza" o meno della componente sanitaria bensì quello della integrazione tra le prestazioni, ovvero della unitaria ed inscindibile coesistenza dei due aspetti della prestazione, che produce l'integrale addossamento degli oneri economici sul Servizio Sanitario Nazionale.

In conclusione, la decisione riconosce che certe malattie prevedono cure e assistenza connesse e che, quando un malato deve essere sottoposto alle opportune terapie e necessita di un piano personalizzato per evitare il degenerare della malattia, lo Stato se ne deve fare carico.

In tal caso, assistenza e sanità non possono essere scisse e se vanno “a braccetto”, anche le relative spese non sono divisibili, e quindi sono a carico di un solo soggetto, ossia lo Stato.

Con ulteriore conseguenza “pratica” che il paziente e i suoi familiari non sono tenuti al pagamento della retta e, qualora la stessa sia stata pagata, ne potrà essere chiesta la restituzione, trattandosi di pagamento non dovuto.