Giugno 2025

LA RIFORMA DELLA RESPONSABILITÀ DEI SINDACI – L. n. 35/2025

In data 12 aprile 2025 è entrata in vigore la legge n. 35 del 14 marzo 2025, la quale, mediante la modifica dell’articolo 2407 del Codice civile, ha introdotto dei limiti alla responsabilità dei sindaci delle società di capitali, siano essi componenti del collegio sindacale o sindaci unici, anche quando sia loro attribuito l’incarico di revisione legale dei conti.

Categoria: Novità Normativa
Autore: dott.ssa Alice Abbagnale
Responsabile dipartimento:   Avv. Fabrizio Marchionni

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La legge conserva immutato il primo comma, ai sensi del quale permane la responsabilità esclusiva dei sindaci per l’inadempimento dei propri doveri: essi devono esercitare le proprie funzioni con la professionalità e la diligenza richieste dalla natura dell’incarico, garantendo la veridicità delle loro attestazioni e mantenendo il segreto su fatti e documenti conosciuti nell’ambito delle proprie funzioni.

Il secondo comma viene, invece, riformato. Nella sua formulazione previgente, esso prevedeva la responsabilità solidale dei sindaci per i fatti o le omissioni degli amministratori, quando il danno non si sarebbe prodotto se i sindaci avessero vigilato in conformità dei loro obblighi. Si configurava, quindi, una responsabilità concorrente, in cui l’inadempimento dei sindaci si innestava sull’illecito originario degli amministratori. Questo regime è stato superato dalla nuova disciplina che ha introdotto una responsabilità patrimoniale limitata dei sindaci, parametrata all’entità dei loro compensi, prevedendo che l’ammontare massimo del risarcimento sia commisurato ad “un multiplo del compenso annuo percepito”. A riguardo, il Tribunale di Bari con l’ordinanza n. 1981 di data 24.04.2025 ha precisato che il tetto massimo di responsabilità deve essere riferito ad ogni evento dannoso causato dal sindaco, rendendo quindi necessario un nesso causale tra ciascuna violazione e il danno, e deve essere parametrato al compenso annuo netto riconosciuto al sindaco.

Il nuovo articolo 2407 c.c. rapporta così l’entità del risarcimento al compenso percepito, secondo un principio di asserita equità tra il beneficio economico derivante dall’incarico e la responsabilità dei sindaci. In particolare, prevede tre scaglioni: “per i compensi fino a 10.000 euro, quindici volte il compenso; per i compensi da 10.000 a 50.000 euro, dodici volte il compenso; per i compensi maggiori di 50.000 euro, dieci volte il compenso”. 

La riforma interviene, altresì, sul termine di prescrizione dell’azione di responsabilità nei confronti dei sindaci. Il nuovo quarto comma introduce un termine quinquennale di prescrizione che decorre, a prescindere che il danno sia stato arrecato alla società, ai creditori sociali o ai terzi, dal deposito della relazione di cui all’articolo 2429 c.c., relativa all’esercizio nel quale si è verificato il danno. La scelta di individuare un unico termine di decorrenza è motivata dalla asserita necessità di allineare la disciplina con quella dei revisori legali, che già prevede un termine quinquennale dalla data della relazione di revisione sul bilancio d’esercizio.  La motivazione fornita peraltro non convince, posto che i compiti e la relativa responsabilità dei sindaci è di natura diversa rispetto a quella dei revisori legali, e quindi non necessariamente legata alla redazione della relazione al bilancio. Inoltre, la ratio della sospensione del termine prescrizionale in costanza di rapporto risiedeva nell’esigenza di evitare che vi fossero remore e condizionamenti alla promozione di un’azione di responsabilità nei confronti di un soggetto in carica, che avrebbe potuto porre in essere ritorsioni; da qui la possibilità di far valere sue responsabilità per cinque anni dalla data della sua cessazione. 

Sempre in tema di prescrizione dell’azione di responsabilità, il Tribunale di Bari con l’ordinanza n. 1981/2025, richiamando la sentenza n. 115/2024 della Corte Costituzionale in materia di revisori legali, ha affermato che in caso di danni ai creditori causati dalle condotte commissive o omissive dei sindaci, il termine decorre dal momento in cui il danno diventa effettivamente percepibile da parte dei terzi danneggiati.

 

Infine, rimane da capire se le nuove disposizioni si applicheranno anche ai procedimenti già pendenti al momento della sua entrata in vigore, in quanto nulla viene espressamente previsto al riguardo. Il Tribunale di Bari con l’ordinanza n. 1981/2025 ha sostenuto che l’articolo 2407 comma 2, che introduce un tetto massimo alla responsabilità patrimoniale, si applica anche a comportamenti tenuti prima dell'entrata in vigore della riforma in quanto si tratterebbe di una norma di carattere procedimentale “ […] poiché si limita ad indicare al Giudice un criterio di quantificazione del danno (tetto massimo) […]”, senza incidere sulla permanenza del diritto stesso al risarcimento e, quindi, non contrasterebbe con il principio di irretroattività delle leggi stabilito dall’articolo 11 delle disposizioni preliminari del Codice civile. Non risultano al momento altri pronunciamenti, ma quanto statuito dal Tribunale di Bari pare introdurre una ulteriore limitazione della responsabilità dei sindaci, che espande indebitamente la portata di una norma, che -lungi dall’essere meramente procedimentale- incide in modo determinante sull’entità del danno risarcibile. E d’altro canto, non si comprende la ragione per la quale un danno provocato con comportamenti che hanno violato norme illo tempore vigenti dovrebbe essere liquidato secondo norme introdotte in un momento successivo; ciò oltretutto senza che la nuova norma prevede una qualsivoglia deroga al principio della irretroattività della legge sancito dall’art. 11 delle disposizioni preliminari del Codice civile.   

Nessun dubbio dovrebbe sussistere invece sul fatto che il nuovo termine prescrizionale dell’azione di responsabilità si applicherà, solo alle condotte successive all’entrata in vigore della legge, e, quindi, a partire dai bilanci dell’esercizio 2024, trattandosi di una norma di carattere sostanziale e, non essendoci alcuna disposizione che ne preveda l’applicabilità ai giudizi pendenti e alle condotte anteriori all’entrata in vigore della stessa.

La riforma crea un regime applicabile ai sindaci che svolgono revisione legale, i quali beneficiano della limitazione di responsabilità ex articolo 2407 comma 2, diverso da quello applicabile ai revisori legali, la cui responsabilità rimane piena ex articolo 15 D.lgs. 39/2010. Tale differenza dovrebbe trovare fondamento (secondo le intenzioni dichiarate dal legislatore) nella natura del rapporto che lega ciascuno di questi soggetti alla società e negli incarichi a loro assegnati. La limitazione sarebbe stata introdotta per tutelare i sindaci, che erano esposti a rischi significativi non solo per attività strettamente legate alla revisione dei bilanci di esercizio, ma anche per compiti di vigilanza sull’amministrazione, sull’osservanza della legge e sul rispetto dello statuto societario. E ciò perché la responsabilità sarebbe stata sproporzionata rispetto al compenso e agli strumenti a disposizione dei sindaci stessi. L’obiettivo della riforma sarebbe dunque quello di rendere sostenibile il ruolo del sindaco, evitando che esso debba sopportare pesanti conseguenze patrimoniali a causa di violazioni non direttamente riconducibili al proprio operato.

La spiegazione non convince minimamente. La realtà è che con questa norma si è voluto sgravare i sindaci da qualsivoglia responsabilità (l’entità del risarcimento è talmente modesta che sarà coperta integralmente dalle polizze assicurative, i cui premi -tra l’altro- dovranno inevitabilmente abbassarsi in modo significativo, e ciò sempre a beneficio dei soggetti assicurati), con la conseguenza che il sistema di controllo endosocietario, che il codice civile poneva a tutela della società, dei soci e dei terzi, ne risulta gravemente svilito. È infatti evidente che se già nella previgente normativa i sindaci risultavano molto poco solerti nel controllo sull’operato degli amministratori, adesso -nullificato il timore di una responsabilità personale per i danni che dovessero derivare dall’omesso controllo- la condiscendenza dei medesimi rispetto a comportamenti potenzialmente dannosi degli amministratori rischia oggettivamente di aumentare, con ogni conseguenza sulla correttezza della governance. 

Ancor meno convince la diversa disciplina riservata ai sindaci che assumano anche il compito della revisione legale a norma dell'articolo 2409 bis, secondo comma, c.c., rispetto a quella riservata ai revisori legali. Il regime di responsabilità solidale con gli amministratori per l’intero danno, previsto dall’articolo 15 del D.lgs. 39/2010, ha l’obiettivo di mantenere elevato il livello di accountability, di trasparenza e di affidabilità del controllo esterno, e non esistono ragioni per le quali questo obiettivo non debba essere parimenti perseguito nel caso in cui la revisione legale venga esercitata dai sindaci anziché da un revisore esterno.

Anche questo intervento del legislatore si inscrive quindi nel quadro di un disegno volto a rendere sempre meno controllabili le governance delle società di capitali, con evidenti conseguenze negative per i soggetti che in dette società investono, per i terzi che con dette società hanno rapporti, per i dipendenti che vengono coinvolti nelle crisi aziendali, e quindi -in ultima analisi- per tutto il sistema economico nazionale.