Gennaio 2023

L’USO ESCLUSIVO DEI BENI CONDOMINIALI DOPO LA CASSAZIONE SEZIONI UNITE 28972/2020

La Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, con la sentenza 28972 del 17 dicembre 2020, si è pronunciata sui diritti di uso esclusivo attribuiti a singoli condomini su porzione dell’area condominiale, normalmente destinata a posti auto. La decisione della Corte di Cassazione ha suscitato preoccupazione sulla sorte dei diritti reali di uso esclusivo esistenti: riflessioni e possibili soluzioni pratiche.

Categoria: Novità giurisprudenziale
Autore:  Avv. Giorgia Martinelli
Responsabile dipartimento:  Avv. Giorgia Martinelli

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Fino al 2020, l’orientamento della giurisprudenza di legittimità in materia di diritti di uso esclusivo in ambito condominiale appariva consolidato. A partire da Cass. 24301/2017, la Corte di Cassazione ha ritenuto ammissibile, al momento della costituzione del condominio la modifica delle facoltà di godimento di un singolo bene condominiale (ad esempio, porzione di corte comune o lastrico solare o terrazza a livello), con l’attribuzione ad un’unità immobiliare di un maggior godimento del bene di proprietà comune. Questo orientamento si basava su un’interpretazione sistematica delle norme del codice civile in materia di comunione e condominio negli edifici, da cui può desumersi la possibile coesistenza su parti comuni di facoltà individuali del titolare del diritto d’uso e facoltà degli altri partecipanti, con la precisazione che questi ultimi non sono mai del tutto esclusi dalla funzione di una qualche utilità sul bene in uso esclusivo altrui.

L’unica sentenza successiva a Cass. 24301/2017, in apparente contrasto con il precedente orientamento, è Cass. 193/2020, che ha qualificato il diritto di uso esclusivo come diritto reale atipico, esclusivo e perpetuo, che priverebbe del tutto di utilità la proprietà e darebbe vita a un diritto reale incompatibile con l’ordinamento vigente.

Peraltro, quest’ultima decisione ha ad oggetto un caso particolare e diverso dalle fattispecie tipiche di attribuzione di un diritto di uso esclusivo su una proprietà condominiale, nel quale la società venditrice si era riservata, per necessità urbanistica, la proprietà di un cortile, incluso in un diverso corpo di fabbrica, che era stato concesso in uso esclusivo a una società acquirente.

La decisione a Sezioni Unite Cass. 28972/2020 ha modificato l’orientamento precedente, affermando, in sintesi, che “La pattuizione avente ad oggetto l’attribuzione del cd. diritto reale di uso esclusivo su una porzione di cortile condominiale, costituente, come tale, parte comune dell’edificio, mirando alla creazione di una figura atipica di diritto reale limitato, idoneo ad incidere, privandolo di concreto contenuto, sul nucleo essenziale del diritto dei condomini di uso paritario della cosa comune, sancito dall’art. 1102 c.c., è preclusa dal principio, insito nel sistema codicistico, del numerus clausus dei diritti reali e della tipicità di essi”.

In altre parole, secondo la sentenza richiamata, i diritti reali d’uso esclusivo su area di proprietà condominiale sarebbero nulli come diritti reali atipici creati dall’autonomia negoziale, in quanto contrari ai principi generali dell’ordinamento del numero chiuso e tipicità dei diritti reali, con la conseguenza che occorre verificare, utilizzando i canoni ermeneutici di interpretazione del contratto, se le parti non abbiano voluto trasferire la proprietà ovvero, sussistendone i presupposti normativi, costituire un diverso diritto reale. Diversamente, i diritti d’uso esclusivo su proprietà condominiale dovranno essere considerati diritti di natura personale e obbligatoria (aventi pertanto efficacia esclusivamente “inter partes”).

La decisione delle Sezioni Unite è stata fortemente criticata dalla dottrina in virtù di un duplice ordine di ragioni.

Da un lato, “ciò che sorprende è che - in nome di una pretesa tutela costituzionale della (com)proprietà, che include il godimento del bene comune (art. 42, comma 2, Cost.) - si disconosce un diritto, acquistato a titolo oneroso dal condomino, di utilizzare una porzione di corte o un posto auto, diritto di regola riconosciuto anche nel regolamento condominiale contrattuale accettato nei singoli atti di acquisto. E si raggiunge un risultato che avrà conseguenze sociali ed economiche importanti (futuro contenzioso dei condomini che contestano il diritto di uso esclusivo su aree comuni), con un percorso argomentativo che può essere corretto sotto l’aspetto dogmatico ma che si basa su un presupposto assolutamente indimostrato (non residua alcuna facoltà di godimento per gli altri condomini; il diritto di comproprietà degli altri condomini è svuotato di contenuto)”. D’altro lato, “sorprende che la ricostruzione dottrinale prevalente del diritto d’uso in ambito condominiale come servitù, accolta anche da alcune sentenze della Cassazione, venga accantonata senza un’adeguata motivazione tecnico-giuridica sull’astratta idoneità dell’istituto a qualificare il diritto di parcheggio ma adducendo un argomento fattuale che non ha certo valenza generalizzata, considerato che il godimento generale ed esclusivo del fondo servente, che svuoterebbe di contenuto la proprietà del fondo dominante, può riguardare, come già osservato, situazioni del tutto eccezionali mentre nella maggior parte dei casi residuano facoltà di godimento in capo agli altri condomini” (A. TORRONI, Il diritto di uso esclusivo in ambito condominiale al vaglio delle Sezioni Unite. La Cassazione snobba la servitù e mette all’indice l’uso esclusivo, in Rivista del Notariato, Anno LXXV Fasc. 1 – 2021).

Come puntualmente evidenziato dalla dottrina sopra richiamata, tutto il percorso della sentenza si basa su un presupposto di fatto (e cioè che il diritto d’uso esclusivo escluda qualunque forma di utilizzo del bene comune da parte degli altri condomini), che peraltro non è presente nelle fattispecie di diritti d’uso esclusivo in ambito condominiale conosciute nella prassi. La maggior parte dei casi di uso esclusivo non corrisponde alla fattispecie astratta esaminata dalla sentenza, ma riguarda ipotesi in cui il bene comune rimane, almeno in parte, utilizzabile anche dagli altri condomini (a mero titolo esemplificativo, per il transito pedonale attraverso i posti auto in uso esclusivo ovvero per il passaggio di tubazioni interrate nell’area comune che attraversa i posti auto in uso esclusivo, ecc…).

Ciò premesso, alla luce della giurisprudenza più recente in tema di servitù di parcheggio, dovrebbe ritenersi che, nelle ipotesi in cui, a fronte del peso imposto all’area comune, consistente nel diritto di parcheggiare l’auto da parte di un singolo condomino, residuino facoltà di utilizzo dell’area da parte degli altri condomini, poiché l’area non è recintata ed è aperta al libero transito dei condomini, il diritto d’uso esclusivo possa essere inquadrato nello schema della servitù.

Nelle ipotesi in cui il singolo condomino abbia invece nel tempo esercitato un dominio sul bene comune incompatibile con il possesso degli altri condomini, occorre considerare la possibilità che il singolo condomino abbia usucapito il diritto di proprietà ovvero il diritto di servitù a carico dell’area condominiale. La giurisprudenza ha infatti evidenziato che il condomino può usucapire la quota degli altri senza che sia necessaria una vera e propria interversione del possesso, dovendo esclusivamente dimostrare di aver goduto del bene attraverso un possesso esclusivo inconciliabile con la possibilità di godimento altrui e tale da evidenziare un’inequivoca volontà di possedere uti dominus e non più uti condominus, senza opposizione, per il tempo necessario a usucapire.

Occorre inoltre evidenziare che la sentenza della decisione ha ad oggetto un diritto d’uso esclusivo trascritto nei registri immobiliari al di fuori del sistema tavolare. Nei territori in cui vige il sistema tavolare (tra i quali, le Province di Trento e di Bolzano), la decisione delle Sezioni Unite e la sorte dei diritti reali d’uso esclusivo regolarmente intavolati nel Libro Fondiario devono essere valutate tenendo conto dei principi sui quali si fonda il sistema tavolare (tra gli altri, il principio di validità ed efficacia “erga omnes” dell’intavolazione) e delle norme della legge tavolare (tra le altre, le norme dettate in materia di azione di cancellazione).