COLLEGATO LAVORO: NOVITA’ IN MATERIA DI RISOLUZIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO IN CASO DI PROTRATTA ASSENZA INGIUSTIFICATA DEL LAVORATORE
La legge n. 203/2024, entrata in vigore il 12 gennaio 2025, ha affrontato la spinosa questione delle cosiddette “dimissioni per fatti concludenti”, introducendo una nuova, specifica ipotesi di risoluzione del rapporto di lavoro qualora il lavoratore si assenti ingiustificatamente per un determinato periodo di tempo, precludendogli l’accesso all’istituto della NASpI ed esonerando il datore al versamento del c.d. Ticket licenziamento.
Categoria: Novità Normativa
Autore:
avv. Ridolfi Nicolò
Responsabile dipartimento:
Avv. Marco Pegoraro
Imprese: Diritto del lavoro e delle relazioni industriali
Privati: Diritto del lavoro e delle relazioni industriali
In data 28 dicembre 2024 è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la legge n. 203 del 13 dicembre 2024, nota anche come “Collegato lavoro”, che è entrata in vigore il 12 gennaio 2025. Tale nuova normativa ha apportato importanti novità nel panorama giuslavoristico, tra le quali spicca la nuova fattispecie della risoluzione del rapporto di lavoro a seguito di assenza ingiustificata da parte del lavoratore. La novità rappresenta la risposta legislativa ad una problematica sollevata da tempo avanti le istituzioni governative: pur essendo la fattispecie assimilabile ad una ipotesi di c.d. “dimissioni per fatti concludenti”, l’obbligo – a pena di inefficacia – di invio telematico delle dimissioni rappresentava uno scoglio formale che prestava il fianco a comportamenti strumentali; nella prassi, infatti, si è spesso assistito a lavoratori che si rendevano volontariamente assenti ingiustificati, costringendo il datore di lavoro a procedere ad un licenziamento disciplinare al quale conseguivano sia l’obbligo del datore di lavoro al pagamento in favore dell’INPS del c.d. “Ticket licenziamento”, sia il diritto del lavoratore di accedere al trattamento di NASpI a spese della collettività.
Con l’art. 19 della L. n. 203/2024, rubricato “Norme in materia di risoluzione del rapporto di lavoro”, il legislatore ha quindi inserito all’art. 26 del D.lgs. 151/2015, il comma 7-bis, il quale prevede che “In caso di assenza ingiustificata del lavoratore protratta oltre il termine previsto dal contratto collettivo nazionale di lavoro applicato al rapporto di lavoro o, in mancanza di previsione contrattuale, superiore a quindici giorni, il datore di lavoro ne dà comunicazione alla sede territoriale dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, che può verificare la veridicità della comunicazione medesima. Il rapporto di lavoro si intende risolto per volontà del lavoratore e non si applica la disciplina prevista dal presente articolo. Le disposizioni del secondo periodo non si applicano se il lavoratore dimostra l’impossibilità, per causa di forza maggiore o per fatto imputabile al datore di lavoro, di comunicare i motivi che giustificano la sua assenza”.
Il nuovo dettato normativo prevede quindi che, in caso di prolungata assenza ingiustificata del lavoratore oltre il termine previsto dal CCNL applicato o, in mancanza di specifica previsione contenuta nel CCNL, oltre 15 (quindici) giorni, il datore di lavoro ne dia comunicazione alla sede territoriale dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro – INL (da individuarsi in base al luogo di svolgimento del rapporto di lavoro).
La nuova normativa, dunque, pone a carico del datore di lavoro il compito di comunicare l’assenza prolungata del lavoratore alla competente sede territoriale dell’INL, mentre spetterà al lavoratore l’onere di provare di aver comunicato al datore di lavoro i motivi giustificativi della sua assenza ovvero, l’impossibilità – per forza maggiore e/o per causa imputabile al datore di lavoro – di comunicare tali i motivi (a mero titolo esemplificativo: ricovero ospedaliero).
La comunicazione del datore di lavoro
L’INL, con nota n. 579 di data 22.01.2025, ha chiarito che la comunicazione da inviare alla competente sede territoriale deve essere effettuata preferibilmente a mezzo posta elettronica certificata (PEC) e deve contenere “tutte le informazioni a conoscenza dello stesso datore di lavoro concernenti il lavoratore e riferibili non solo ai dati anagrafici ma soprattutto ai recapiti, anche telefonici e di posta elettronica, di cui è a conoscenza”.
Va precisato che tale comunicazione va effettuata solo laddove il datore di lavoro intenda far valere l’assenza ingiustificata del lavoratore ai fini della risoluzione del rapporto di lavoro ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 26, comma 7-bis, D.lgs. 151/2015.
Il potere di verifica dell’INL
L’art. 26, comma 7-bis, D.lgs. 151/2015, introdotto dalla L. 203/2024, riconosce in capo alla sede dell’INL territorialmente competente il potere di procedere in autonomia a “verificare la veridicità della comunicazione” trasmessa dal datore di lavoro; l’INL deve quindi verificare la sussistenza dell’assenza ingiustificata del lavoratore ed il suo protrarsi oltre i termini previsti al CCNL applicato, ovvero, in mancanza di previsioni, oltre i quindici giorni.
L’INL, nella citata nota n. 579/2025, ha specificato che: “al fine di non vanificare l’efficacia di eventuali accertamenti, gli stessi dovranno essere avviati e conclusi con la massima tempestività e comunque entro il termine di trenta giorni dalla ricezione della comunicazione trasmessa”, precisando inoltre che gli eventuali motivi posti dal lavoratore a giustificazione dell’assenza (a mero titolo esemplificativo: mancato pagamento della retribuzione) “potranno essere oggetto di una diversa valutazione, anche in termini di «giusta causa» delle dimissioni”; la nota quindi attribuisce all’INL un potere di “riqualifica” delle dimissioni, da dimissioni per fatti concludenti a dimissioni per giusta causa, con importanti riflessi sulla possibilità di accesso alla NASpI da parte del lavoratore.
L’effetto risolutivo del rapporto di lavoro
A seguito della comunicazione del datore di lavoro di cui all’ art. 26, comma 7-bis, D.lgs. 151/2015, il rapporto di lavoro si intenderà risolto con effetto immediato, non trovando applicazione la disciplina prevista dallo stesso art. 26, D.lgs. 151/2015 in materia di dimissioni volontarie del lavoratore (ossia, la comunicazione telematica, la possibilità di revoca, il termine di preavviso).
Tale effetto risolutivo non si verifica nell’ipotesi in cui il lavoratore effettivamente dimostri di aver provveduto a comunicare al datore di lavoro i motivi giustificativi della propria assenza, ovvero dimostri l’impossibilità – per forza maggiore e/o per causa imputabile al datore di lavoro – di comunicare tali i motivi; né ovviamente nell’ipotesi in cui l’INL accerti la non veridicità della comunicazione effettuata dal datore di lavoro.
In tali casi, l’INL dovrà provvedere alla comunicazione dell’inefficacia della risoluzione del rapporto di lavoro sia al lavoratore, sia al datore di lavoro, con conseguente diritto del lavoratore alla ricostituzione del rapporto di lavoro laddove il datore di lavoro abbia già provveduto alla trasmissione del modello Unilav e obbligo in capo al datore di lavoro di adempimento agli obblighi contributivi.
Riflessi su diritto alla NASPI
In passato, come già sopra anticipato, a fronte di una prolungata assenza ingiustificata, il datore di lavoro avrebbe dovuto/potuto avviare un procedimento disciplinare che si sarebbe potuto concludere con il licenziamento disciplinare del lavoratore, sicché quest’ultimo, avrebbe avuto diritto di accedere alla NASpI.
La nuova disciplina prevista dall’art. 26, comma 7-bis, D.lgs. 151/2015, invece, integra nella sostanza un’ipotesi di dimissioni volontarie del lavoratore, con conseguente impossibilità per il lavoratore coinvolto di accedere alla NASpI.
A riguardo, l’INPS, nel messaggio n. 639/2025, ha espressamente chiarito che: “per effetto della risoluzione del rapporto di lavoro disciplinata dal comma 7-bis dell’articolo 26 del decreto legislativo n. 151/2015, introdotto dall’articolo 19 della legge n. 203/2024, il lavoratore non può accedere alla prestazione di disoccupazione NASPI, in quanto la fattispecie non rientra nelle ipotesi di cessazione involontaria del rapporto di lavoro”.
Infatti, l’art. 3, D.lgs. 22/2015 prevede che: “la NASpI è riconosciuta ai lavoratori che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione […] La NASpI è riconosciuta anche ai lavoratori che hanno rassegnato le dimissioni per giusta causa”; pertanto, poiché le c.d. dimissioni per fatti concludenti (oggi, meglio qualificabili come risoluzione del rapporto per volontà del lavoratore) sono nella sostanza assimilate alle dimissioni volontarie del lavoratore, lo stesso non avrà diritto all’indennità di disoccupazione.
Infine, nel citato messaggio 639/2025, l’INPS, confermando la natura di dimissioni volontarie, ha precisato che: “nel caso in cui la risoluzione del rapporto di lavoro di cui al comma 7-bis dell'articolo 26 del decreto legislativo n. 151/2025, introdotto dall’articolo 19 della legge n. 203/2024, si riferisca a un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, il datore di lavoro non è tenuto al versamento del contributo dovuto per l'interruzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, disciplinato dall'articolo2, comma 31, della legge 28 giugno 2012 n. 92 [c.d. ticket], in quanto tale cessazione del rapporto di lavoro non fa sorgere in capo al lavoratore il diritto alla NASpI”.
Alla luce di quanto sopra illustrato, risulta evidente la portata innovativa della normativa sopra illustrata, che rappresenta un’importante novità nel panorama giuslavoristico italiano, con rilevanti implicazioni di carattere economico, giuridico e sociale.