Gennaio 2022

IL CONTRATTO DI APPALTO: PROFILI GIUSLABURISTICI

La normativa attualmente in vigore in materia di appalti tra privati prevede una notevole ampiezza del campo d’azione della responsabilità solidale. Il contratto di appalto, quindi, deve necessariamente contenere delle previsioni idonee a fornire adeguata tutela al committente nelle ipotesi di inadempimento dell’appaltatore.

Autore:  Avv. Marco Pegoraro
Responsabile del dipartimento:  Avv. Marco Pegoraro

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L’art. 1655 c.c. definisce l’appalto come “il contratto con il quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un’opera o di un servizio verso un corrispettivo in danaro”.

I requisiti del richiamato contratto sono quindi individuabili in: (i) organizzazione dei mezzi necessari per l’esecuzione dell’opera o del servizio da parte dell’appaltatore; (ii) assunzione del rischio d’impresa da parte dell’appaltatore.

Tali requisiti trovano una specificazione all’interno di un’altra norma essenziale per la disciplina dell’istituto: l’art. 29 D. lgs. 276/2003.

Quanto al primo requisito, l’art. 29, comma 1 D. lgs. 276/2003 specifica che l’organizzazione dei mezzi necessari “può risultare, in relazione alle esigenze dell’opera e del servizio dedotti in contratto, anche dall’esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell’appalto”. Si pensi all’ipotesi dei cd. “appalti labour-intensive” e cioè caratterizzati da un’alta intensità di manodopera e uno scarso impiego di mezzi materiali: in questo caso, il potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori impiegati nell’esecuzione dell’appalto integra il requisito dell’organizzazione dei mezzi.

Quanto al secondo requisito, invece, occorre fare riferimento al rischio cd. “economico” e, cioè, derivante dall’impossibilità di stabilire previamente ed esattamente i costi che dovrà sostenere l’appaltatore qualora l’opera si dimostri essere meno remunerativa rispetto al corrispettivo originariamente pattuito.

Qualora un appalto non rispetti i suddetti requisiti, il rapporto instauratosi rischia di essere qualificabile come una somministrazione di manodopera irregolare, se posta in essere da un soggetto, lo pseudo – appaltatore, non avente i requisiti normativi necessari per la somministrazione.

In tali (purtroppo non infrequenti) casi, è prevista dall’art. 18 del D. lgs. n. 276/2003 l’irrogazione di una sanzione amministrativa di 50 euro per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di lavoro a carico sia dello pseudo appaltatore, sia del committente/utilizzatore.

Ma non solo: l’art. 29, comma 3-bis d. lgs. 276/2003 prevede che, “quando il contratto di appalto sia stipulato in violazione di quanto disposto dal primo comma, il lavoratore interessato può chiedere, mediante ricorso giudiziale a norma dell’art. 414 c.p.c., notificato anche soltanto al soggetto che ne ha utilizzato la prestazione, la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze di quest’ultimo”. Nelle ipotesi di appalto illecito, quindi, il lavoratore ha titolo di far accertare dal tribunale la costituzione di un rapporto di lavoro con il soggetto utilizzatore.

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La responsabilità solidale negli appalti

Il contratto di appalto è sottoposto ad un peculiare regime solidaristico tra l’appaltatore e il committente. In particolare, l’art. 29, co. 2, D. lgs. n. 276/2003 prescrive che “in caso di appalto di opere o di servizi, il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l'appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell'appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonché i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto, restando escluso qualsiasi obbligo per le sanzioni civili di cui risponde solo il responsabile dell'inadempimento”.  Questo regime costituisce una tutela considerevole a favore dei lavoratori impiegati negli appalti, in quanto pone a carico dei committenti un’obbligazione solidale di pagamento dei trattamenti retributivi, contributivi ed assicuratori senza alcun limite quantitativo, essendo peraltro irrilevante che il committente abbia (in ipotesi) già versato in favore dell’appaltatore il corrispettivo pattuito per l’esecuzione dell’appalto.

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Così brevemente delineato l’impianto normativo, emerge in maniera evidente che la prima cautela che il committente deve adottare è quella di instaurare rapporti contrattuali solo con appaltatori “affidabili” e patrimonialmente solidi, previa verifica che quello che intende porre in essere sia realmente inquadrabile quale contratto di appalto. Ciò, inoltre, non esclude la necessità di adozione di ogni tutela idonea a minimizzare i rischi sopra evidenziati.

Da quanto sopra discende l’esigenza per l’imprenditore-committente di stipulare dei contratti di appalto che prevedano precise e puntuali forme di garanzia e tutela.

Sotto un primo profilo, sarà necessario prevedere delle stringenti e costanti forme di verifica da parte del committente in relazione al corretto adempimento dell’appaltatore rispetto alle obbligazioni da questi assunte nei confronti dei dipendenti e degli enti previdenziali. Ancora, pare opportuno inserire specifiche clausole che condizionino il pagamento dei corrispettivi alla prova, da parte dell’appaltatore, di aver esattamente adempiuto le predette obbligazioni.  Ulteriori tutele a favore del committente possono concernere clausole attinenti alla tipologia di lavoratori che possono essere impiegati nell’appalto, con specifiche pattuizioni in merito alla contrattazione collettiva agli stessi applicabile. Fondamentali, altresì, possono risultare le clausole di manleva a favore del committente da ogni eventuale pregiudizio dovesse derivare in ipotesi di violazione della normativa giuslaburistica da parte dell’appaltatore, nonché l’obbligatorietà di stipula di idonee polizze assicurative da parte di quest’ultimo.